Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sulla Palestina e non avete mai osato chiedere. Il terzo libro per riflettere sulla condizione della Palestina con il senso dell'humor di Suad Amiry

Che Suad Amiry - architetta palestinese innamorata del suo paese e della sua storia al punto da avere dato vita a Riwaq, un'organizzazione il cui scopo è la protezione del patrimonio architettonico locale - sia anche una storyteller naturale lo sappiamo dai suoi primi due libri narrativi: Sharon e mia suocera (Feltrinelli, 2003) e Se questa è vita (Feltrinelli, 2005).

Nati quasi per caso, per ingannare i lunghi periodi di coprifuoco imposti dall'esercito israeliano a tutte le principali città della Cisgiordania, questi due primi volumi erano un dissacrante e umanissimo modo di esorcizzare le brutture di una vita privata delle libertà fondamentali. Una maniera mite e scoppiettante di humour di descrivere dal basso le mortificazioni di una vita in gabbia, ma anche le deformazioni che a poco a poco alterano la postura e lo sguardo di chi alle sbarre finisce, se vuol sopravvivere, per adattarsi.

Oggi, con Niente sesso in città (Feltrinelli, 2007), Amiry sceglie di premere fino in fondo sul pedale della commedia, costruendo un'opera a più voci (femminili) sui guasti, personali e collettivi, dell'invecchiare. Attraverso i racconti di vita, intimi e politici, di un gruppo di amiche come lei over 50 e da sempre attive nell'olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina), l'autrice riesce a costruire un teorema ardito, tragico e esilarante insieme: la Palestina, oltre che dell'occupazione militare più duratura e perniciosa della storia moderna, soffre di un deficit organico all'apparenza irreversibile. Come spiegare la vittoria di Hamas, se non attraverso la fase climaterica acuta in cui verserebbero la Palestina e i suoi più o meno arrugginiti leader? Come giustificare il crollo di un progetto politico a cui tutte le donne del libro hanno dedicato la vita, se non attraverso una défaillance della memoria collettiva, un atto mancato, un cupio dissolvi depressivo, tutti sintomi di una menopausa patologica?

Tenendo con polso fermo i fili di una complessa trama narrativa, Amiry convoca le sue ‘compagne di crimine' per una cena di gruppo nel ristorante più ‘in' di Ramallah e, strada facendo, dà a ciascuna lo spazio per raccontare in prima persona la propria biografia. Ne esce un quadro inedito e irresistibile, tenero e grottesco, sempre fuori cliché, di una società sull'orlo del baratro e tuttavia più viva che mai. Un balletto spastico che non ha paura di mescolare disincanto politico e amnesie senili, crollo dei sogni e cruccio per il seno che cade.

Scritto da Maria Nadotti per Peacereporter 

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